Terra ospitale e uomini accoglienti

Si chiamano «rifugiati ambientali». Sono quelle persone che hanno dovuto lasciare le loro case e la loro patria, vittime del degrado dell’ambiente.
Molte le situazioni e le cause: i cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità, la desertificazione, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali, la perdita di produttività di vaste aree agricole… Un dramma che entro la metà del secolo – prevedono gli studiosi – potrebbe riguardare 200 milioni di persone.
Di fronte alle sofferenze dei «profughi ambientali», sono due le risposte necessarie: l’accoglienza dei migranti, perché possano ricostruirsi un futuro; la «salvaguardia del creato», cioè un modo di produrre, lavorare, consumare, «abitare» il pianeta che sia sostenibile.
 
A questa sfida chiama la «Giornata per la salvaguardia del creato» che la Chiesa italiana ha celebrato il 1° settembre, per la sesta volta. I vescovi hanno preparato un messaggio dal titolo «In una terra ospitale, educhiamo all’accoglienza». 

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