Il gioco, quando genera dipendenza, diventa una vera malattia. Videopoker e slot machine hanno già rovinato molte persone, incapaci di fare a meno del brivido del rischio. Tutti pensano a risolvere il problema del lavoro con il gioco d’azzardo. tutti si convincono che è meglio guadagnare senza lavorare. Ora il governo prepara le contromisure ma ovviamente interviene quando il danno è fatto. Pubblicità e contro-pubblicità aumentano il PIl, aumento i casi di malattia, rovinano la vita a quanti dovrebbero essere il futuro del nostro paese.
Tratto da Popotus di Avvenire del 20 marzo 2012.
«È una malattia da prendere sul serio. Come per tutte le malattie bisogna lavorare sulla prevenzione, sulla cura e sulla riabilitazione»: la frase è stata pronunciata da Renato Balduzzi, il ministro della Salute, lunedì mattina nel corso di una trasmissione televisiva. È una posizione importante, quella del ministro, perché definisce “malattia” il gioco d’azzardo: ciò significa che i giocatori compulsivi – quelli che non riescono a smettere di giocare – avrebbero il diritto di essere curati. In molti altri Paesi già succede: fin dagli anni Ottanta, l’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità) ha riconosciuto che il gioco d’azzardo può dare dipendenza, proprio come l’alcol e la droga. L’Italia ancora non si è adeguata e la gran parte di chi vuole farsi aiutare non ha alternative e deve rivolgersi a strutture private. Eppure, nel nostro Paese sono almeno 800 mila le persone che hanno fatto delle scommesse una malattia: l’azzardo legale – quello delle sale bingo, delle slot machine, dei gratta e vinci e delle lotterie – produce un enorme giro d’affari, 76 miliardi lo scorso anno. Le occasioni per scommettere sono moltissime e per molti è difficile resistere alla tentazione: ogni cinque minuti c’è almeno un’estrazione, sono 400 mila – una ogni 150 abitanti – le slot machine, le sale giochi sono a ogni angolo. E la pubblicità ci mette del suo: il ministro della Salute si impegna anche su questo fronte, per ridurre gli spot soprattutto quando davanti alla televisione ci sono i bambini. Anche tra i giovanissimi il gioco d’azzardo spopola. La media nazionale di ragazzi tra i 15 e i 24 anni che hanno giocato al videopoker o con le slot machine è del 46 per cento: quasi la metà dei giovani di questa fascia d’età ha sperimentato prima o poi il brivido della puntata. E non c’è di che stupirsi: è normale che i ragazzi, gli adolescenti prima degli altri, siano grandi giocatori. È la sfida che li tenta com’è giusto che sia a questa età. Sbagliato, però, è decidere di mettersi alla prova sul tavolo da gioco. Ci sono ben altre competizioni in cui cimentarsi: non è alla fortuna che si affidano le partite importanti della vita.
«È una malattia da prendere sul serio. Come per tutte le malattie bisogna lavorare sulla prevenzione, sulla cura e sulla riabilitazione»: la frase è stata pronunciata da Renato Balduzzi, il ministro della Salute, lunedì mattina nel corso di una trasmissione televisiva. È una posizione importante, quella del ministro, perché definisce “malattia” il gioco d’azzardo: ciò significa che i giocatori compulsivi – quelli che non riescono a smettere di giocare – avrebbero il diritto di essere curati. In molti altri Paesi già succede: fin dagli anni Ottanta, l’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità) ha riconosciuto che il gioco d’azzardo può dare dipendenza, proprio come l’alcol e la droga. L’Italia ancora non si è adeguata e la gran parte di chi vuole farsi aiutare non ha alternative e deve rivolgersi a strutture private. Eppure, nel nostro Paese sono almeno 800 mila le persone che hanno fatto delle scommesse una malattia: l’azzardo legale – quello delle sale bingo, delle slot machine, dei gratta e vinci e delle lotterie – produce un enorme giro d’affari, 76 miliardi lo scorso anno. Le occasioni per scommettere sono moltissime e per molti è difficile resistere alla tentazione: ogni cinque minuti c’è almeno un’estrazione, sono 400 mila – una ogni 150 abitanti – le slot machine, le sale giochi sono a ogni angolo. E la pubblicità ci mette del suo: il ministro della Salute si impegna anche su questo fronte, per ridurre gli spot soprattutto quando davanti alla televisione ci sono i bambini. Anche tra i giovanissimi il gioco d’azzardo spopola. La media nazionale di ragazzi tra i 15 e i 24 anni che hanno giocato al videopoker o con le slot machine è del 46 per cento: quasi la metà dei giovani di questa fascia d’età ha sperimentato prima o poi il brivido della puntata. E non c’è di che stupirsi: è normale che i ragazzi, gli adolescenti prima degli altri, siano grandi giocatori. È la sfida che li tenta com’è giusto che sia a questa età. Sbagliato, però, è decidere di mettersi alla prova sul tavolo da gioco. Ci sono ben altre competizioni in cui cimentarsi: non è alla fortuna che si affidano le partite importanti della vita.