Una vita senza rifiuti

«Le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui l’uomo tratta sé stesso e viceversa» (Caritas in Veritate, 51) 

Queste sono parole semplici, facili da capire, ma nel frattempo “gravi” se pensiamo a come continuiamo a comportarci e qual è lo stile di vita che non vogliamo ancora decidere di abbandonare.

Siamo usati dalle multinazionali, dall’economia del PIL per essere produttori di rifiuti. Guai a non produrli, non ci sarebbero altre merci da acquistare, il Pil non aumenterebbe, i partiti non sarebbero contenti: non avrebbero lo strumento del litigio (la crescita del paese). 

E poi… non consumi? Non sei un buon cittadino. Per chi ci governa i cittadini che non consumano non servono e quindi sono… rifiuti. 

Perché queste parole non restino astratte proviamo ad analizzare quanti rifiuti produciamo in Italia. Un dato veramente rilevante:  33 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani che vengono prodotte dalle famiglie e dal commercio. Mentre sono circa 100 milioni le tonnellate di rifiuti speciali, di cui 46 per residui inerti da costruzioni, 56 classificati come non pericolosi, 6 milioni di tonnellate di rifiuti nocivi e pericolosi. 

Dove finiscono i rifiuti solidi urbani in Italia? Per un quarto in raccolta differenziata merceologica (carta, plastica, vetro, ferro e alluminio), il resto in 400 discariche e 50 inceneritori autorizzati. Le discariche vanno chiudendo per scelta politica, ma al sud sono ancora molte quelle abusive, spesso oggetto di incendi incontrollati con liberazione di fumi tossici, mentre gli inceneritori (o "termovalorizzatori") stanno aumentando, con tecnologie, che sembrano renderli più sicuri, anche se necessitano di essere monitorati continuamente. 

Il rifiuto è l’eredità sgradita che lasciamo alle prossime generazioni; per capirci meglio: ai nostri figli e nipoti.  Mentre per noi, il rifiuto, è ormai una realtà pervasiva, che minaccia la vita e la salute di molti.


Ma nonostante tutto non riusciamo a comprendere che il problema è grave. Che ne dite se ritornassimo a leggere il racconto biblico dell’arca di Noè e ne traessimo qualche insegnamento per i tempi correnti? Vogliamo proprio che sia un nuovo “diluvio universale” a farcelo capire?

La questione rifiuti, non la si vuole percepire per quello che é.  In tutti i modi cerchiamo di non guardarla in faccia e ci rifugiamo – perdendo tempo – nel trattare questioni di natura tecnica mentre, in realtà trattasi di una questione etica ed antropologica. I rifiuti sono una questione centrale della vita di una comunità che, con “sapienza”, deve riflettere e adottare soluzioni (anche tecniche) nella logica del bene comune e della speranza di una vita buona anche per le generazioni che verranno.

Infine penso che un problema grave merita una comunicazione grave.

Di solito, quando un Comune o una impresa avviano un processo che ha per tema i rifiuti commettono due errori: 1- lasciano l’argomento comunicazione come ultimo; 2 – utilizzano formule banali, giocose, o fanno uso di mascotte, fumetti, ecc.

Quando le persone comprendo la drammaticità del problema, invece, desiderano una comunicazione coerente alla sua pericolosità.  

È totalmente irrazionale rendere infantile o puerile la comunicazione nel momento in cui si è consapevoli che trattasi di un problema doloroso e siamo di fronte ad un’emergenza. Se un problema è grave lo si deve affrontare con modalità serie e mezzi adeguati.

Quindi per essere coerente con quello che dico, concludo così: VOGLIAMO, UNA VOLTA PER TUTTE, ACQUISIRE LA CONSAPEVOLEZZA CHE NOI (ABITANTI DI QUESTO PIANETA) CI STIAMO TRASFORMANDO IN RIFIUTI?

 

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