Stanchi delle finzioni, abbiamo bisogno della realtà.

Pubblico la magnifica e-mail del mio caro amico Franco Granito, che a mio parere con meritava un posto solo tra i commenti all’articolo del 16 agosto.

Mi illumina d’immenso

Caro Roberto, come ti avevo accennato, ho scritto per te un pensiero in risposta al tuo messaggio del “lontano” 16 agosto. Come puoi capire ho un approccio decisamente antico alla comunicazione, direi anzi esagerato. Ma, siccome il pensiero non scade dopo tre giorni come il latte, sono convinto di essere ancora in tempo  a rispondere alla tua decisione di abbandonare i social network.

Il tuo messaggio “mi illumina d’immenso” perché mi rafforza nelle mie convinzioni a proposito dell’uso smodato e stupido, non solo da parte dei giovani, di questi mezzi di comunicazione, che spesso anziché’ avvicinare allontanano. Anziché riscaldare i rapporti umani li gelano.  Anziché’ abbattere le barriere e favorire l’ amicizia possono essere spesso pericolosi.       

Come tu giustamente hai scritto,possono mettere in seri pericoli i nostri figli.

Condivido appieno la tua presa di posizione nei confronti dei social network che gettano in piazza la privacy, spesso in pasto a sciacalli e profittafori.

Per fortuna la tua scelta non e’ isolata.  Ho letto da qualche parte che c’e’ una corsa ai ripari da parte di alcuni intellettuali americani. Molti di questi lavorano nel settore della comunicazione digitale. Si sono resi conto che l’uso esagerato di queste tecnologie può provocare dipendenza, malattie psicologiche e a volte anche fisiche.

Anche i ragazzi si distraggono dai social

A sostegno di questa tesi ti suggerisco un articolo apparso su Repubblica del 13 ottobre alla pagina n.21. Riguarda l’ultima presa di posizione dei teenager rispetto a Facebook. Si intitola: “Anche i ragazzi si distraggono dai social”. Il sottotitolo e’ ancora piu’ esplicito: “stanchi delle finzioni, abbiamo bisogno della realtà'”.  Ti segnalo la dichiarazione di una Intervistata, in coda all’articolo.

Questo delirio e’ talmente diffuso che coinvolge tutto, anche i linguaggi artistici che ne sono fortemente condizionati. Questo e’ ovvio visto che l’artista esprime quello che respira e che tocca con mano. Quello che non e’ normale e’ l’atteggiamento dei critici d’arte (modaioli) che impongono una vera e propria dittatura della tecnologia digitale.

Essi ritengono che l’arte contemporanea debba essere necessariamente in qualche modo legata a questa tecnologia, altrimenti non e’ da considerarsi arte.

Per quanto mi riguarda l’arte e’ anche trasgressione e non c’e’ nulla di più trasgressivo, in questo momento, del ritorno alla manualità; il che non significa abbandono del concetto (una cosa non esclude l’altra).

Attraverso l’incontro è l’equilibrio tra manualità e concetto ritroviamo noi stessi. Siamo fatti di cervello che produce concetti e tecnologie ma anche di viscere, di mani che si esprimono attraverso la gestualità.

Il fine della manualita’ non e’ finalizzato alla dimostrazione di bravura.

Nel mio operare artistico la forma che scaturisce dalla gestualita’ non e’ formalismo ma sostanza, concetto.

Non ritengo la tecnologia responsabile di tutti i mali, anzi.  E’ lo squilibrio che mi inquieta, specie quando a provocarlo ci sono interessi miliardari che ci rendono burattini mossi da pochi burattinai (le multinazionali).

Concludo dicendo che condivido appieno la tua presa di posizione perché conferma le mie tesi, anche se estreme ,sull’argomento.

Ti chiedo scusa per il ritardo e ti abbraccio affettuosamente.

Franco 

P.s.  Accetto molto volentieri il tuo suggerimento alla lettura di “sesto potere”.  Di Bauman ho letto alcune cose ed e’ un autore che apprezzo e condivido molto.  Sara’ senz’altro la mia prossima lettura. Grazie

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