RITI E LITURGIE DELLA RELIGIONE DEL PROFITTO

Premessa d’obbligo

Onde evitare l’abbandono della lettura di questo articolo, in quanto il titolo potrebbe aver generato in te un rifiuto, desidero dirti che:

Il profitto serve, il profitto è necessario, fare profitto si deve.

Ma è importante specificare che il profitto è un mezzo.

E ce lo spiega meglio san Giovanni Paolo II nella Enciclica Centesimus Annus:

La Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come indicatore del buon andamento dell’azienda: quando un’azienda produce profitto, ciò significa che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati ed i corrispettivi bisogni umani debitamente soddisfatti.

Tuttavia, il profitto non è l’unico indice delle condizioni dell’azienda. È possibile che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignità.

Oltre ad essere moralmente inammissibile, ciò non può non avere in prospettiva riflessi negativi anche per l’efficienza economica dell’azienda.

Scopo dell’impresa, infatti, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini che, in diverso modo, perseguono il soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni e costituiscono un particolare gruppo al servizio dell’intera società.

Il profitto è un regolatore della vita dell’azienda, ma non è l’unico; ad esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali che, a lungo periodo, sono almeno egualmente essenziali per la vita dell’impresa.”

Ma queste parole, purtroppo, sono sconosciute alla maggior parte degli imprenditori e azionisti delle imprese che affollano la nostra economia.

Anzi, per paura che qualcuno le ascolti l’attuale mondo economico ha provveduto a dare vita ad una nuova chiesa del successo con una sua religione del profitto alla quale molti piccoli imprenditori si stanno adeguando perché attratti dall’esempio e dal proselitismo delle grandi multinazionali.

La nuova religione del profitto

Ed eccoti un breve resoconto del catechismo di questa nuova religione

Unico dio: il successo

La trinità: potere, posizione sociale, popolarità

Il vangelo: i risultati economici

Il confessionale: il budget

La sacrestia: il CdA

Il tempio: il luogo di lavoro

Liturgia: lavorare 7 giorni su 7, 12 ore al giorno ed anche di più

Carriera ecclesiastica: Continuità dei risultati positivi, Profitti realizzati, Giudizio dei superiori.

Scomuniche: previste per quanti non sono capaci di mantenere il passo, il ritmo, gli obiettivi trimestrali, il tasso della crescita.

Santificazione: anche in questa religione ci sono martiri e santi (che alla fine ahimè non riconosce nessuno). Sono le persone che hanno vissuto la loro vita (anche a costo di perderla) tutta protesa all’unico scopo di produrre risultati (profitto) immolati all’unico dio.

Riti:

  • Riunioni dove umiliare ed offendere chi non è in grado di raggiungere gli obiettivi
  • Corsi di formazione dove imparare ad essere cinici, determinati e vincenti
  • Meeting dove fare sfoggio del proprio potere

Liturgie:

  • Elaborazione del piano delle vendite e relativi target
  • Elaborazione dei margini di profitto
  • Elaborazione organigramma (struttura organizzativa)
  • Elaborazione del piano delle premialità
  • Elaborazione dei criteri di meritocrazia
  • Elaborazione piano di welfare
  • Elaborazione piano di carriera
  • Ecc.

 Il valore dell’impresa è immateriale, relazionale, sociale.

Nel caso tu avessi conosciuto da vicino questa nuova religione, non desidero lasciarti senza speranza di poter imparare a rinnegarla.

Per questo ti invito a riflettere quanto è importante riconoscere e vivere l’impresa come una “comunità di persone” e che lo scopo primario non è il profitto dell’impresa, ma garantire l’esistenza stessa di questa “comunità”.

Guarda caso questo significa affermare quanto oggi tutti noi vediamo con i nostri occhi: una realtà fatta di impresa moderne ed innovative che attestano la più completa dimensione immateriale.

L’immaterialità dell’impresa è sotto gli occhi di tutti e viene accentuata nel passaggio dalla seconda alla terza ed alla quarta rivoluzione industriale.

Valgono sempre di più le conoscenze e le risorse umane e sono sempre meno importanti le risorse materiali e fisiche.

L’impresa è sempre più capacità di lavorare insieme, soddisfare bisogni, perseguire obiettivi, sviluppare potenzialità, produrre e vendere idee.

L’irruzione dell’informatica e delle nuove tecnologie (IoT, intelligenza artificiale, ecc.) nella vita dell’impresa, che vanno nel senso di una smaterializzazione, è solo il fenomeno più evidente di un processo molto più profondo: la presa progressiva di coscienza che a fare l’impresa non sono solo le macchine, le risorse materiali o le strutture, ma sono soprattutto le persone.

A fare impresa, sono le qualità personali, le soft skill, le virtù morali come il coraggio, la fortezza, l’intraprendenza, l’affidabilità, la prudenza e, come dice il San Giovanni Paolo II, “la capacità di iniziativa e di imprenditorialità” (vedi il fenomeno delle Start UP Innovative).

Roberto Lorusso

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9 commenti su “RITI E LITURGIE DELLA RELIGIONE DEL PROFITTO

  • Caro Roberto , pur riconoscendo oggettivamente la tua elevata capacità di comunicazione ed tentativo di cambiamento del pensiero corrente, devo confessarti (visto che siamo in tema di metafore religiose) che sono parzialmente d’accordo con la tua tesi perché da sempre il principale obiettivo dell’uomo, innato e non derogabile, è di gestire sempre più potere e non potrà mai essere sostituita razionalmente da un cambio di religione (dal profitto alla sostenibilità). La storia ci insegna che senza uno shock (sociale, economico, ambientale) tutto cambia per non cambiare niente….Il Gattopardo rimane sempre la metafora di comportamento preferita dagli esseri umani. Comunque sempre complimenti per la tua capacita di stimolare riflessioni e pensieri interessanti e coinvolgenti! Un abbraccio forte. Giuseppe

  • caro Roberto,
    la tua riflessione mi porta a condividere, ma è possibile uscire da un sistema globale? L’imprenditore ha fatto una scelta o si è dovuto adeguare, quando ci è riuscito, al sistema per non soccombere? Il cliente finale si muove per ottenere il meglio a meno e l’imprenditore deve lavorare per andare incontro alla richiesta. Chi fá fatica a farlo, rimane fuori dal giro.
    Per concludere, la teoria è sempre molto diversa dalla pratica e, a mio parere, bisogna sensibilizzare chi chiede un servizio e non chi lo offre.
    Un abbraccio.

  • Caro Giuseppe,
    Si può fare molto profitto curando meglio i valori umani che sono nella relazione all’interno dell’impresa e fuori con gli stakeholder.

  • Si può fare molto profitto curando meglio i valori umani che sono nella relazione all’interno dell’impresa e fuori con gli stakeholder.

  • Buongiorni Roberto,
    Dai che sono un uomo di azione e non un opinionista, ma questa volta scrivo per rispetto per la tua persona ed al tempo che dedichi per accrescere il brne comune:
    Condivido quello che dici e tutti i giorni cerco di applicarlo, con la consapevolezza di essere una sorta di Sisifo che deve ricominciare sempre dalle basi. Quello che mi motiva è il cercare di realizzare piccoli cerchi positivi che contagino le pesone che ne vengono in contatto. Tuttavia raccontarsi belle favole è un buon modo per trovare energia, ma non rendersi conto di quello che accade intorno a noi sarebbe da stolti. Troppe rendite di posizione osteggiano il cambiamento, troppe regole emanate d’urgenza a seguito di fatti spiacevoli, applicate senza buon senso, fasciano la capacità di fare, e troppo egoismo ci rende limitati… Bisogna ricominciare a lavorare insieme. Soprattutto bisogna permettere a tutti di poter lavorare…..è sotto gli occhi di tutti che oggi rischi di più ad avere dei dipendenti che non ad andare a compiere un illecito. Io continuo a fare bene e non pensarci, o meglio a pensare a quanto sono fortunato a vivere in Italia in questo momento, Tuttavia rimane innegabile la necessità di una presa di coscienza generale ed un reset delle rendite di posizione.

  • Caro Roberto, il tuo articolo mi ha spinto a riflettere e alla fine mi sono ritrovato in quello che sostieni. Nella mia lunga attività professionale di ICT Manager nel mondo industriale ho sempre cercato di attuare, non senza difficoltà, le regole fondamentali di come fare impresa nel rispetto dei valori umani e morali, ma ovviamente con l’obiettivo di far ottenere il giusto profitto.
    Spesso, però, manca, ma non in tutti, sia nei lavoratori, professionisti ed imprenditori una giusta visione dei valori di una impresa spesso diffusi e legati ad una vecchia cultura ‘padronale’. Nella mia esperienza ho raccolto dai colleghi ed imprenditori la volontà di perseguire i valori a cui fai riferimento, però, spesso sia per fattori critici di produzione sia per per mancanza di una adeguata preparazione e/o formazione, sono purtroppo abbandonati e ripresi a puntate in altri momenti,

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