Questa é l’idea di fondo di C.K. Prahalad (professore di strategia presso la Ross School of Business della University of Michigan): “imparare a fare di più con meno risorse, servendo più persone”.
In poche parole fare in modo che tutti (non solo quelli che possono pagare un alto prezzo) possano acquistare i nostri prodotti servizi, anche perché realizzati nel rispetto dei principi di sostenibilità e possono essere realizzati con minore impiego di risorse tra l’altro meno impattanti.
Quindi impegnarsi a non escludere parte di possibili consumatori mediante una politica di prezzi bassi.
Ma prezzi più bassi vuol dire anche profitti minori. Una decisione da assumere non certo con facilità a meno di essere tanto capaci di introdurre in azienda tecnologie che siano capaci di ridurre il costo del prodotto.
Nel cuore di questa tipologia di innovazione tecnologica alloggiano due massime di Gandhi: “apprezzo qualunque invenzione scientifica fatta nell’interesse di tutti” e “nel mondo c’è quanto basta per le necessità di ogni uomo, ma non per l’avidità di ogni uomo”.
Ecco cosa ci consiglia il prof. Prahalad, nel suo articolo su harvard Business Review luglio/agosto 2010, per far funzionare questo tipo di innovazione:
– impegnarsi a creare proposte di prodotti e servizi accessibili a tutti i segmenti della popolazione;
– elaborare una visione chiara di futuro e rimanervi fedeli
– stabilire obiettivi molto ambiziosi che incentivino l’imprenditorialità,
– accettare il fatto che ci sono vincoli strutturali e muoversi creativamente al loro interno;
– porre il focus sulle persone e non soltanto su profitti e valore per gli azionisti.
E per concludere dice: “Lo possono fare aziende di tutto il mondo purché disposte a modificare i presupposti filosofici dei loro processi di innovazione”.
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