L’arte della delega

La delega è l’arte che consente di far fare “bene”, ai nostri collaboratori – con autonomia e responsabilità – quello che è “utile” all’azienda.

Le parole chiave sui quali noi imprenditori (ed i nostri manager) dobbiamo porre maggiore attenzione per saper delegare e capire dove normalmente si sbaglia sono:

  1. Quello che è utile all’azienda (molto spesso i nostri collaboratori lo sanno e noi lo ignoriamo, oppure non glielo facciamo dire, ed imponiamo loro di fare la cosa sbagliata)
  2. L’autonomia
  3. La responsabilità.
Noi imprenditori siamo educatori, cioè persone che mettono i loro collaboratori nella condizione di vivere la delega (o ignorarla se noi non siamo capaci di svolgere questo ruolo).
E’ vero che molto dipende dalle qualità dei nostri collaboratori (senza dimenticare che li abbiamo scelti noi), ma tutto dipende dal nostro comportamento.

Per aiutare un collaboratore ad essere “capace di delega” (saper fare “bene” quello che è “utile” all’azienda, con autonomia e responsabilità) non sono necessari i soldi e nemmeno il far ricoprire nell’organigramma  ruoli di alto livello, tantomeno serve il terrorismo psicologico; sono invece necessari “la fiducia” e “il sostegno”.

Mi spiego meglio: se non diamo fiducia non riceviamo fiducia; se quando un nostro collaboratore sbaglia e non lo incoraggiamo e non gli spieghiamo come si fa a non sbagliare e come bisogna e si deve andare avanti (tanto tutti commettiamo errori – solo il collaboratore che non fa nulla non sbaglia) lui si comporterà cosi come recita un vecchio detto conosciuto in tutta Italia (anche se con forme dialettali diverse): “attacca il ciuccio dove vuole il padrone”.
Io ringrazio molto i nostri nonni perché con poche parole ci hanno detto, da sempre, cosa è il contrario della delega.

L’autonomia e la responsabilità non saranno mai nel bagaglio delle capacità di un nostro collaboratore se non sappiamo amministrare la relazione sotto il punto di vista fiduciario e motivazionale.

In termini negativi, il delegare è interpretato come il gesto di “scaricare” ad un altro un compito o una responsabilità, in termini reali ed ordinari, invece, come il far fare ad una altro una cosa che non posso (o non devo più) fare io, pur mantenendo la responsabilità finale del risultato.
 
Di fatto chi delega si libera di una incombenza ma se ne assume un’altra ben più grave. Chi delega in realtà sta solo decidendo di cambiare attività: dal “fare quella cosa” a fare in modo che quella cosa “venga fatta da un altro” (anche meglio!). Quindi l’impegno del delegante è quello di fare un’altra cosa (che a sua volta deve imparare a fare non avendola fatta prima); la sua nuova attività è “gestire la relazione” (cosa ben più difficile dal fare quella cosa che vogliamo venga fatta da un altro).

La delega è una grande arte diamoci da fare e smettiamola di trovare scuse (o false giustificazioni) e dire che la colpa è sempre dell’altro.

Coraggio.

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