Il silenzio e la riflessione

Quando mancano, silenzio e riflessione, sono un grosso problema. Ne dobbiamo fare un grande uso ad esempio se desideriamo distinguere le apparenze dalla realtà. Con il silenzio e la riflessione infatti possiamo fare in modo che la superficie delle cose e degli avvenimenti non siano veli opachi che occultano la realtà essenziale di ciò che accade nel nostro percorso di pianificazione strategica. 
Il silenzio e la riflessione sono come gli occhi che perforano la nebbia che confonde gli oggetti e appanna la verità; e, aldilà della nebbia, ci permetto di giungere a ciò che davvero è, e che davvero importa. 
È necessario un minimo di silenzio perché l’attenzione della mente possa concentrarsi sulla considerazione di ciò che abbiamo davanti, per risolvere le questioni che, con certa frequenza, la vita quotidiana sottopone ai nostri occhi.
 
È bene anche tacere ogni tanto. Chi tace può ascoltare, e un uomo che ascolta è in grado di imparare molte cose.
Per contro è molto difficile ascoltare quando non si è capaci di contenere la cascata di luoghi comuni e di parole banali che esce a fiotti di bocca. Come può ascoltare alcunché chi è intento a produrre un frastuono assordante?
 
Ma tutte le nostre riunioni non dispongono di momenti di silenzio. Perché da tutti è considerato un far nulla. Mentre noi vogliamo che siano operative piene di interventi (avvolte sono solo piene di tante voci, chiasso, stordimento, preoccupazioni inutili). 
 
Di solito quando conduco una riunione dopo aver condiviso il tema da discutere (il problema da risolvere) la suddivido in tre parti, con tempi decrescenti: la prima individuale (ciascuno dei presenti in silenzio scrive la sua  soluzione); la seconda si svolge in piccolo gruppo per una prima condivisione; la terza in plenaria per la condivisione collegiale. 
 
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