L’impresa Virtuosa


E’ possibile crescere ed innovare in periodi di recessione? Le risposte sono nel mio ultimo libro, L’impresa Virtuosa, pubblicato da Editori Riuniti university press di Roma. Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria di Confindustria e Giancarlo Capitani, del Politecnico di Milano, mi hanno inviato un loro breve contributo. 

Un’impresa che continua a crescere e a innovarsi anche e soprattutto in periodi di recessione è possibile. Basta essere un’impresa virtuosa. Ma come si fa ad esserlo? In questo libro lo si scopre passo dopo passo. Il ricordo delle crisi trascorse, l’approfondimento delle caratteristiche di quella che stiamo vivendo, insieme ad un attenta analisi dello scenario economico, sociale ed antropologico (53 punti di riflessione) portano il lettore alla consapevolezza del suo punto di partenza. Ma non ci sono ricette, solo proposte (36 per l’esattezza) da cogliere e da rimodulare a seconda dei propri bisogni. Realismo, speranza e una sana fiducia nelle capacità dell’uomo di imparare dagli errori, sono gli ingredienti che animano questo libro. Per invitare gli imprenditori (i giovani in particolare) a  riprogettare le loro imprese e definire sempre meglio il loro fine, affinché possano contribuire alla realizzazione del bene comune. Quindi discernimento e nuova progettualità fondata sulle virtù dell’imprenditore e della piccola Impresa.

Ha scritto Vincenzo Boccia: Difendere e valorizzare la diversità delle piccole e medie imprese. Questa è la nostra meta, anche in tempi di navigazione difficile. Cinque milioni di aziende manifatturiere – il numero più alto in Europa – costituiscono infatti un insieme di valori, idee e competenze costruitosi nel tempo e sedimentatosi nel territorio e rappresentano un patrimonio straordinario per il nostro paese.

 

Se dunque, come suggerisce l’autore, conoscere con esattezza la propria destinazione aiuta a individuare il percorso per raggiungerla, è altrettanto vero che bisogna procedere su questa via con creatività, specialmente adesso che la crisi rischia di cambiare nel profondo la mappa dell’Italia che produce.

Agli imprenditori di oggi, ma soprattutto a quelli di domani, si chiede dunque uno sguardo nuovo sul futuro e una sincera risposta alla domanda: quale modello di sviluppo cerchiamo? Da questo interrogativo scaturiscono molti temi: la sostenibilità ambientale, il lavoro femminile, l’innovazione nei processi decisionali e gestionali, nonché la capacità di attrarre talenti e di costruire una squadra creativa. Ed è su questi problemi che occorre maturare un’attenta riflessione e avanzare proposte.

Le piccole e medie imprese hanno tutte le carte in regola per farlo e, forse, hanno anche un jolly in più. Grazie a una profonda conoscenza dei territori e delle persone, possono individuarne con maggiore facilità bisogni ed esigenze e possono adottare più velocemente comportamenti ispirati alla responsabilità sociale.
Questo nel futuro farà la differenza perché è grazie a tali pratiche che si costruisce la legittimazione sociale, un bene tanto impalpabile quanto prezioso per la vita di un’azienda. Etica e profitto non sono mai state così vicine, parola d’imprenditore.

Ha scritto Giancarlo Capitani: La fase di crisi che stiamo attraversando sta generando effetti di natura strutturale molto profondi sull’economia reale e sulla vita delle imprese, effetti che risultano ancora poco visibili nella loro portata, ma soprattutto poco osservati, poiché l’attenzione è ancora oggi fortemente spostata sulle variabili finanziarie dell’economia mondiale e sulle modalità e sui soggetti istituzionali che dovrebbero controllarle e governarle.

Il libro di Roberto Lorusso ha due meriti: il primo è quello di porre l’attenzione sulla componente più strutturale, ancora oggi la meno visibile, degli effetti futuri delle crisi sui sistemi economici e sulle imprese, che è di natura principalmente culturale poiché fa riferimento al cambiamento nel sistema dei valori e degli obiettivi che in prospettiva dovrebbero orientare i processi di crescita e la misurazione dei loro esiti.

Il secondo merito è quello di avere fatto un salto oltre la crisi, immaginando e indicando i connotati dell’impresa virtuosa, protagonista del libro, misurandosi su un terreno nel quale, a mia conoscenza, nessuno si era in precedenza avventurato.

Sul tema relativo al primo punto Lorusso può essere considerato un anticipatore grazie al libro di cui è coautore dal titolo DePILiamoci, che è del 2007, nel quale suggerisce che l’indicatore principe del risultato dell’attività di un Paese in un anno non debba più essere il valore di quanto collettivamente si è prodotto, ma di quanto sia cresciuto il livello di benessere collettivo creato.

Questo passaggio dal PIL (Prodotto Interno Lordo) al BIL (Benessere Interno Lordo) si basa su alcuni presupposti quali, ad esempio, quello della non linearità della crescita, teorizzati ad esempio da Serge Latouche con il concetto di “decrescita felice”, ma soprattutto quello della crescita non orientata unicamente al profitto e fondata su valori etici, indicata con forza da Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in Veritate, citata anche nel libro.

Questi concetti, che prima della crisi potevano sembrare astratti e visionari, sono alla base del Rapporto Stiglitz, commissionato dal pragmatico Presidente Sarkozy, nel quale si raccomanda che nei sistemi statistici nazionali oltre al PIL si misuri l’Indice della Felicità, ovvero l’Indice di Benessere della popolazione. L’obiettivo conseguente è quello di mettere a punto una metodologia ed un set di indicatori in grado di sostituire il BIL al PIL come misuratore della crescita di un Paese.

In questo suo libro Roberto Lorusso compie un esercizio ulteriore, applicando gli stessi principi di un’economia virtuosa orientata al benessere ad una impresa, nella quale è la relazione virtuosa tra gli individui che vi operano, interagendo secondo principi etici e basati su valori comuni, ad assicurarne il “benessere organizzativo”.
Le virtù personali diventano in questo modo virtù sociali e il patrimonio comune che ne deriverà è l’impresa virtuosa come bene prodotto collettivo mentre dai suoi dipendenti o, più in generale dai suoi stakeholders e, a sua volta, gli asset strategici dell’impresa sono in questo modo rappresentati dalla qualità del proprio capitale umano e ancor più dal sistema di relazioni che lo innerva.

L’impresa virtuosa può trovare un grande e formidabile supporto nelle tecnologie di ICT di nuova generazione (Web 2.0., Cloud Computing ecc.) che sono proprio basate sul paradigma della collaborazione, della relazione e della comunicazione interattiva.

Queste tecnologie possono anch’esse trasformarsi in virtuose e non più funzionali soltanto agli obiettivi di efficienza, produttività e profitto tipici dell’impresa tradizionale, costituendosi come l’infrastruttura portante dell’impresa virtuosa, la risorsa costituente della community dell’ecosistema intra e inter-aziendale.

Il raggiungimento di questi obiettivi presuppone un grande salto culturale soprattutto nel management delle aziende, che deve orientare obiettivi, piani strategici e operativi e processi alla luce di questa nuova visione e creare un nuovo clima di relazione e condivisione tra dipendenti.

Con questo libro illuminante Roberto Lorusso, imprenditore di un’azienda che fornisce tecnologie si è dato il compito, volente o nolente, di indicare a tutti noi che operiamo nel  settore ICT la strada per aiutare le nostre imprese a diventare virtuose e il nostro Paese ad uscire dalla crisi diverso e rigenerato.
 

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