“Ogni tuo desiderio è un ordine”, ora è anche un diritto?

Oggi il “totalitarismo culturale” censura chiunque ponga un argine tra desideri e diritti questo si chiama ”Individualismo libertario”.

E tanto per gradire, nelle scienze sociali si tenta di imporre per legge qualsiasi preferenza soggettiva, trascurando i diritti di chi non ha voce.

“Ogni tuo desiderio è un ordine”. Quante volte lo abbiamo detto ai nostri amici? e ai nostri figli? Molto spesso anche per burlare e molto spesso per piacere.

Adesso sta diventando un principio giuridico!!

Non c’è gruppo di attivisti che non reclami il riconoscimento per legge dei propri “desideri”, elevati a “diritti”.

E guai a contestare queste pretese, magari nel nome di valori che guardano appena un po’ più in là dei gusti personali: scatta immediatamente il “politicamente corretto”, che censura chiunque osi porre un argine tra desiderio e diritto.

Tutto questo è accaduto anche in economia.
Ho ascoltato venerdì sera al “Focus 2014 su Adriano Olivetti”, il professor Zamagni che spiegava come l’economia deve essere autonoma, ma non separata dall’etica e dalla politica.
«Occorre ribaltare il principio del “Noma” (Nonoverlapping magisteria) teorizzato fin dal 1829 da Richard Whateley, che sostiene che “i magisteri non si sovrappongono”, che per essere scienza l’economia non deve mescolarsi all’etica e alla politica. Business is business. Per evitare di riprodurre il pensiero unico bisogna garantire il pluralismo, invece negli ultimi decenni i fondi di ricerca, le cattedre universitarie, gli spazi di pubblicazione andavano solo agli “allineati”. Questa è dittatura del pensiero».

Purtroppo una dittatura che non si è limitata al campo economico.
Infatti Zamagni precisa:
«Vale per l’economia come per le scienze sociali, il diritto, la bioetica. L’individualismo libertario tende a far credere che le preferenze degli individui abbiano lo stesso statuto dei loro diritti: se preferisco diventare donna e generare un figlio devo poterlo fare, se preferisco scegliere come dev’essere fatto il mio bambino devo poterlo fare… Eppure non c’è solo il “diritto” dell’adulto che decide: c’è anche, per esempio, quello del nascituro. Che non viene mai riconosciuto, perché non c’è nessuno che possa “negoziare” in vece di chi non ha voce».

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