La misura cristiana della leadership


Sintesi del mio intervento al convegno del 24 aprile 2010 organizzato dall’ufficio mondo sociale e del lavoro e dall’ufficio del laicato della Archidiocesi di Bari, in vista della festa di San Giuseppe lavoratore, e realizzato con il contributo dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti).

LA MISURA CRISTIANA DELLA LEADERSHIP

La cosa certa è che per esprimere una leadership si ha bisogno di relazioni. Se non esistono relazioni non possono esistere leader.
Le relazioni possono essere orizzontali, verticali. Posso essere leader in un gruppo di amici, tra colleghi di lavoro. Posso essere leader di una organizzazione, o una associazione. Posso essere leader pur non essendone l’amministratore o il presidente.
Quante volte i gruppi riconoscono una persona come loro leader anche se non ha i galloni ufficiali.
La leadership è qualcosa che altri ti attribuiscono, la puoi conquistare, ma sono gli altri che la convalidano, non puoi imporla.
È sempre più frequente, oggi, che si attribuiscano diversità di leadership:  tecnica, commerciale, di governo, culturale, scientifica, ecc.
Certamente quella a cui più facilmente va la nostra mente e che più ci attrae è quella del “condottiero”. Colui che è capace di condurre un gruppo verso una meta, perché chi lo segue lo riconosce “capace”, “vero”, “con ampie qualità”, insomma si fida. La gente lo giudica meritevole di essere seguito. Ispira fiducia, sa dare una direzione, sa formare (insegna) sa guidare, risolve i problemi o mette gli altri nelle condizioni di risolverli, aiuta. Ma soprattutto non umilia:
San Josemaria da Forgia: 727. Quando devi comandare, non umiliare: comportati con delicatezza; rispetta l’intelligenza e la volontà di chi ubbidisce.
Come un gruppo di giovani elegge il suo leader, come un gruppo di lavoro elegge il suo leader, così una famiglia elegge il suo leader. Non sempre è il papà. Alcune volte è la mamma, alcune volte un figlio.
Per un papà è bello e direi quasi normale essere anche il leader, e questo vuol dire che l’amore dei suoi cari è carico anche di riconoscenza per le sue capacità di tenere unita la famiglia e di rassicurarla nei momenti più difficili, di guidarla, di avere attenzione per la crescita ed i bisogni di ciascun figlio, e cosi via.
Il fatto che molto spesso il leader non si identifica con il capo, è vero per una famiglia, è vero  anche per una impresa, per una squadra di calcio. Qui molto spesso un giocatore è il leader mentre non lo è l’allenatore.
È da tempo che nel mondo di lavoro non sento più parlare di “carisma”, prima era frequente dire quello ha il carisma del leader.
Mentre il termine carisma è ancora molto usato nella Chiesa. Anche nella Chiesa ci sono leader. E noi sappiamo ben distinguere un sacerdote (parroco) leader da uno che non lo è. Da un vescovo leader da uno che non lo é. Lasciamo da parte per un attimo il fatto che non spetta a noi giudicare un sacerdote un vescovo un papa. Ma qualche volte nei nostri discorsi tra amici sicuramente ci è capitato di confrontare persone carismatiche e le loro differenze di leadership (teologica, pastorale, vocazionale, ecc.)
Nella prima lettera di san Paolo a Timoteo 3, 2-7 troviamo però anche indicazione dei requisiti minimi di colui che deve guidare una comunità. San paolo dice: Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro.  Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo.  E’ necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.

Al leader oggi viene richiesto di essere una “guida responsabile” favorendo la partecipazione. Aumenta la complessità perché si richiede che le scelte vengano sempre più condivise, anche se questo secondo me, abbassa il livello del valore del leader verso una figura molto più manageriale.
Mentre accetto la visione di un leader che è tale perché:
–    fa in modo che coloro che lo seguono sono sempre messi nelle condizioni di dare il massimo.
–    ottiene sempre la più alta prestazione da parte di coloro che gli sono al fianco
–    è capace di trasformare i conflitti in cooperazione
–    promuove un clima che incoraggia l’autostima,
–    favorisce la collaborazione e l’apprendimento.
–    promuove la salute ed il benessere delle persone (anche se in vista di un incremento della qualità professionale e la produttività del loro fare: lavoro, studio, sport, ricerca, ecc)
–    Sa pianificare
–    Insegna a pianificare
–    Ispira se stesso e gli altri;
–    fa accadere le cose.
Perché? Perché Il leader è colui che ha autorevolezza personale. E cioè gode della stima, del  credito, della fiducia degli altri che si è conquistato con le sue azioni.

Certamente non si conquistato persone se uso male l’autorità. Dice ancora San Josemaria in Solco:
386. Autorità. Non consiste nel fatto che chi sta sopra “urli” al subalterno, e questi altrettanto a chi gli sta più in basso. Con questo criterio – caricatura dell’autorità -, a parte l’evidente mancanza di carità e di correttezza umana, si ottiene soltanto che chi dirige si vada allontanando dai sottoposti, perché non li serve: tutt’al più, li usa.
391. Per te, che occupi un posto di direzione. Medita: gli strumenti più forti ed efficaci, se li si tratta male, si ammaccano, si guastano, e diventano inservibili.
394. Un criterio di buon governo: il materiale umano bisogna prenderlo così com’è, e aiutarlo a migliorare, senza mai disprezzarlo.
Per verificare la efficacia di un leader infatti è necessario dare risposta affermativa alla seguente domanda: I miei collaboratori dopo aver lavorato con me sono migliori di prima?
San Josemaria da Solco: 968. Gli uomini mediocri, mediocri come testa e come spirito cristiano, quando crescono in autorità si circondano di sciocchi: la propria vanità li convince, falsamente, che in questo modo non perderanno mai il dominio. Le persone di criterio, invece, si circondano di saggi – che aggiungono al sapere la limpidezza di vita -, e li trasformano in uomini di governo. La loro umiltà le ripaga, perché – nel far crescere gli altri – crescono anch’esse.
In quest’ultimo testo ho trovato la parola che secondo me è la vera misura della leadership. Ma non intendo svelarla se non dopo avere esaminato con voi le caratteristiche di un grande leader.

Sempre questo testo di san Josemaria mi permette di fare un collegamento a quello di Origene, che è stato il testo ispiratore degli organizzatori di questo incontro. Cosa dice Origene nella “Omelia su san Luca XX,5, S.C. p. 287”:
“Giuseppe capiva che Gesù gli era superiore pur essendo sottomesso a lui in tutto e, conoscendo la superiorità del suo inferiore, Giuseppe gli comandava con timore e misura. Che ciascuno rifletta su questo: spesso un uomo di minor valore è posto al di sopra di gente migliore di lui e a volte succede che l’inferiore ha più valore di colui che sembra comandargli. Quando chi ha ricevuto una dignità comprende questo non si gonfierà di orgoglio a motivo del suo rango più elevato, ma saprà che il suo inferiore può essere migliore di lui, così come Gesù è stato sottomesso a Giuseppe”. 

Allora parliamo di questo grande leader.
San Giuseppe
Dai vangeli risulta la grande personalità umana di san Giuseppe: in nessuna circostanza si dimostra un debole o un pavido dinanzi alla vita, al contrario sa affrontare i problemi, supera le situazioni difficili, accetta con responsabilità e iniziativa i compiti che gli vengono affidati.
Per Gesù san Giuseppe era un modello (un leader?) in primo luogo di obbedienza alla volontà di Dio, uomo giusto, uomo che sapeva servire i suoi cari (Gesù e la Madonna) ed i suoi clienti, sapeva lavorare, un professionista stimato che sapeva insegnare il mestiere (Gesù lo ha fatto bene – faceva bene ogni cosa dicono i vangeli – per almeno 15 anni) . Uomo ingegnoso, coraggioso, forte, perseverante, tenace che sa sopportare con gioia tutte le prove.
Giuseppe non ha progetti velleitari (utopistici) per se e la sua famiglia (poteva pur farli, visto che era il padre del suo Signore, o visto chi era il suo sottoposto).  Giuseppe uomo saggio prendeva le decisione con prudenza umana (fatti oggettivi, numeri alla mano) dati che gli erano forniti dalla realtà delle cose terrene.
Uomo fermo nella decisione di obbedire a Dio nonostante gli ostacoli e le contrarietà ed i pericoli. Non cade nello sciocco ed infondato ottimismo, nell’ambizione cieca o nella sciocca vanità. 
Un uomo così, a mio parere, è proprio un leader degno di fiducia. Un uomo appunto al quale ci si può affidare in tutta tranquillità, certi che non verrà meno, che resterà leale nelle avversità, che porterà a termine il compito affidatogli.
Allora qual è la misura cristiana della leadership? Risposta:
Possedere virtù (molte le abbiamo citate) ma quella che non può mancare ad un leader è l’umiltà.
Miei cari, e qui che ci giochiamo tutto. Allora siccome è sempre più difficile per un leader, ma anche per chi non lo è, riconoscere quando non vive secondo la virtù dell’umiltà vi faccio un piccolo elenco di situazioni in cui cadiamo tutti i giorni.
San Josemaria in Solco num. 263:
Lascia che ti ricordi, tra gli altri, alcuni sintomi evidenti di mancanza di umiltà:
     – pensare che ciò che fai o dici è fatto o detto meglio di quanto dicano o facciano gli altri;
     – volerla avere sempre vinta;
     – discutere senza ragione o, quando ce l’hai, insistere caparbiamente e in malo modo;
     – dare il tuo parere senza esserne richiesto, e senza che la carità lo esiga;
     – disprezzare il punto di vista degli altri;
     – non ritenere tutti i tuoi doni e le tue qualità come ricevuti in prestito;
     – non riconoscere di essere indegno di qualunque onore e stima, persino della terra che calpesti e delle cose che possiedi;
     – citarti come esempio nelle conversazioni;
     – parlar male di te, perché si formino un buon giudizio su di te o ti contraddicano;
     – scusarti quando ti si riprende;
     – occultare al Direttore (spirituale) qualche mancanza umiliante, perché non perda il buon concetto che ha di te;
     – ascoltare con compiacenza le lodi, o rallegrarti perché hanno parlato bene di te;
     – dolerti che altri siano più stimati di te;
     – rifiutarti di svolgere compiti inferiori;
     – cercare o desiderare di distinguerti;
     – insinuare nelle conversazioni parole di autoelogio o che lascino intendere la tua onestà, il tuo ingegno o la tua abilità, il tuo prestigio professionale…;
     – vergognarti perché manchi di certi beni…
Vorrei concludere con un’altra tipologia di leader, quella che in realtà dovrebbe vederci tutti leader. Essere leader di ascolto, perché ascoltare la parola di Dio è il primo passo verso la santità.

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