La globalizzazione serve alla Pace?

La globalizzazione viene da molto lontano.
Un noto manuale di storia dell’economia internazionale ben sintetizza la diffusione dell’integrazione economica dei mercati, in questo modo:  «A metà dell’Ottocento, grazie al commercio, persone che risiedevano in differenti zone del mondo si trovarono a condividere lo stesso destino. Uno shock che colpiva un’economia poteva velocemente essere trasmesso alle altre, come successe alla fine della guerra di Crimea, quando il mercato mondiale venne inondato dal grano russo. Nel 1857 i prezzi del grano crollarono a causa dell’aumento dell’offerta e le istituzioni finanziarie che, rassicurate dai prezzi elevati, avevano concesso prestiti si trovarono in difficoltà. Il panico finanziario e i fallimenti si diffusero da New York a Liverpool, Londra, Parigi, Amburgo, Oslo, Sud Africa ed Estremo Oriente» (J. Foreman Peck, 1999, 9). 
Vogliamo capire cosa ci sta accadendo? Bene, cerchiamo di capire gli avvenimenti ed i fenomeni che sono maturati molto in là nel tempo. 
Fenomeni che per certi tratti appaiono del tutto simili a quelli attuali. Ciò che li differenziava era in sostanza l’ampiezza dei territori toccati, l’intensità dei beni scambiati, le moltitudini di persone che si spostavano attraverso i continenti (oggi a mezzo web). Perché in realtà di questo si tratta: la diffusione delle merci in tutti gli angoli del mondo mediante l’espansione del commercio internazionale.
 
Non sembra errato, infatti, pensare che l’inizio della globalizzazione moderna in realtà ha avuto inizio nell’età della formazione degli imperi spagnolo e portoghese, a cui seguì una ulteriore fase espansiva, intorno alla metà del Settecento, allorché si erano insediate reti transcontinentali stabili dal punto di vista economico e ricche di potenzialità. A cavallo del periodo che intercorre tra la metà del Settecento e la fine dell’Ottocento, vi fu l’avvento di rapporti economici mondiali d’intensità fino a quel momento sconosciuta, favoriti dalle capacità di produzione, di trasporto e di comunicazione messe in moto dalla rivoluzione industriale. 
 
Cosa viene dopo? l’imposizione al resto del mondo dei "trattati ineguali" (I trattati ineguali furono un insieme di convenzioni concluse da alcuni stati dell’Asia orientale con le potenze occidentali tra il XIX secolo e i primi anni del XX. In tale periodo le nazioni asiatiche erano in gran parte incapaci di resistere alla pressione militare ed economica straniera. Negli anni venti i cinesi iniziarono a parlare di "trattati ineguali" in riferimento ai "trattati di pace" del XIX secolo, di pari passo con il consolidamento del montante nazionalismo cinese) insieme alla diffusione in altri continenti le istituzioni e la tecnologia delle società europee occidentali.
 
E dopo? una fase di involuzione che sfocerà nel "nuovo imperialismo", che mise in luce caratteristiche nuove rispetto al vecchio colonialismo degli imperi. Infatti, è adesso che nasce, insieme alla crescita dell’interscambio commerciale, la grande finanza internazionale, in quelle forme sempre più sofisticate che presero il nome di "capitalismo finanziario". 
 
Siamo quindi alla prima globalizzazione o come dicevano i francesi "mondializzazione". Ma subito dopo scoppia la Prima Guerra Mondiale della storia dell’umanità. Il nazionalismo difatti porta all’arresto ogni forma di cooperazione tra le nazioni e alimenta quel lungo periodo d’incertezze. 
 
Per concludere ci facciamo una domanda: Possiamo essere preoccupati che una così grande fase di apertura dell’economia mondiale, se resta povera (o priva) di spirito di collaborazione, dalla volontà di cooperazione e di solidarietà (fra popoli e stati) possa trasformarsi in tutto tranne che in una pace duratura? 
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