Che l’Europa, e con essa l’Occidente opulento e narcisista, stia attraversando una crisi di fede generata dall’eclissi del senso di Dio dall’orizzonte della propria vita, è sotto gli occhi di tutti. Complesse ne sono le ragioni.
Se è vero che essa è talora provocata dal rifiuto della Chiesa come istituzione – vista cioè come detentrice di un potere religioso che impone dogmi e, tramite essi, gestisce la paura – le ragioni profonde di tale crisi vanno ricercate nel come si è formata la coscienza dell’uomo post-moderno il quale, sospinto da un’illimitata fiducia nell’emancipazione di se stesso, non avverte più il bisogno di Dio e si affida al “fai da te”.
Ma dove ci conduce questo “fai da te”?
Dipende da ciò che l’uomo sceglie come suo orizzonte di riferimento. Come già aveva detto Gesù: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21).
Se, ad esempio, molti considerano fornitrice di senso la “fede nel mercato” e affidano il proprio futuro agli “indicatori economici”, assurti a valori assoluti di riferimento, è chiaro che l’ideale della loro vita sarà costituito dal benessere materiale, da una fruizione senza limiti dei cosiddetti beni di consumo, dalla ricerca egoistica ed edonistica di una vita agiata e senza problemi economici.
Infatti, quando la ricerca di senso è ridotta al solo ambito economico-materiale, l’uomo lasciato in balia del suo volere e delle sue voglie, sperimenta una fatica ancor più grande nel dare un senso profondo e duraturo alla propria esistenza, un senso che soddisfi le esigenze più profonde del suo spirito.
Contro questa deriva – con la quale anche noi cristiani ci stiamo confrontando – l’invito di Benedetto XVI a ridare vitalità alla nostra fede, risuona come un monito e un pungolo salutari, affinché ci impegniamo con convinzione a recuperare in tutto il suo spessore la verità, la bellezza, la forza e la gioia di cui la nostra fede cristiana è portatrice.